In questo post vedremo come definire (e poter raggiungere) i propri obiettivi in modo che rispondano a bisogni reali.
Definire un obiettivo è uno dei primi scogli che si incontrano quando si fa un percorso di cambiamento, che sia shiatsu, counselling o psicoterapia.
Con questo articolo vorrei aiutarti a capire da dove cominciare. Vedrai che definire un obiettivo è un po’ come progettare un’avventura: c’è la meta finale e il percorso è costellato di insegnamenti da imparare e difficoltà da superare.
Ti farai molte domande: cercare le risposte (e farti ancora altre domande) fa parte dell’avventura ed è necessario per sapere bene dove vuoi arrivare.
Quando inizio un percorso di shiatsu con una nuova cliente (o un nuovo cliente: uomini, siete i benvenuti!) chiedo
cosa vuoi ottenere da questo percorso con me?
La vera risposta a questa domanda di solito non arriva prima del terzo incontro: ci vuole tempo per capire cosa si vuole, e il primo obiettivo che si ha in mente non sempre è quello che davvero si vuole raggiungere, oppure è talmente generico che si rischia di non riconoscerlo quando lo si ha davanti.
[Una premessa: se ti piacciono gli schemi e vuoi averne uno davanti mentre leggi, puoi scaricare questo pdf. È lo schema del contratto di Holloway[1], e si usa in Analisi Transazionale per definire un piano d’azione per raggiungere i propri obiettivi: seguendo questo articolo potrai compilarlo]
Identificare il problema o il bisogno
L’obiettivo deve risolvere un problema o un bisogno specifico e identificabile.
Entrare nei dettagli
Prendiamo come esempio “voglio prendermi cura di me stessa”:
- qual è il problema o il bisogno che risolvi prendendoti cura di te stessa?
- cosa intendi con prenderti cura di te stessa?
Persone diverse risponderanno a queste domande in modo diverso. Quali sono le tue risposte?
Con la risposta a domande di questo tipo entri nel cuore della questione e inizi ad essere più specifica nell’identificare il problema.
Chiederti perché lo vuoi
Approfondiamo ancora:
- è un bisogno tuo o è una cosa che ti dicono gli altri?
- Qual è il dialogo interiore che senti quando ripeti nella tua testa il tuo bisogno?
- C’è un dovrei o c’è un vorrei?
- Cosa vorresti tu, davvero?
Nell’articolo sul dialogo interiore ho spiegato come riconoscere da che stato dell’Io viene la voce che senti?
Se in questo caso viene dal Genitore Negativo: come potresti riformulare la frase in modo che provenga dalla fusione dei tre stati dell’Io? Prova a usare la parola “vorrei” e ad ascoltare le sensazioni che senti mentre la pronunci.
Che emozioni ci sono?
Riformulare e trovare il vero obiettivo
Ora dovresti avere un bel po’ di informazioni in più sul tuo problema e sul tuo obiettivo. Proviamo a riformulare la frase di prima.
Prendermi cura di me stessa significa trovare dei momenti per fermarmi e pensare solo a me, lasciando fuori lavoro, casa e famiglia. Lo voglio fare perché sono anni che non mi fermo un attimo e vorrei capire dove sono arrivata, cosa ho ottenuto e come sono cambiata, per poter andare ancora avanti.
Diverso, no? Più preciso, definito e identificabile.
Abbiamo un problema/bisogno: sono anni che non mi fermo e sento il bisogno di tirare le fila
Abbiamo un obiettivo: vorrei capire dove sono arrivata e come sono cambiata
L’obiettivo
- è misurabile (ti accorgerai quando ci sarai arrivata),
- prende in considerazione i tre Stati dell’Io (ci sono le emozioni, le azioni, gli insegnamenti),
- parla di te e non di altri.
Ci siamo, e ora come si fa ad arrivarci?
Il procedimento: cosa cambiare
Per soddisfare il tuo bisogno e arrivare al tuo obiettivo deve cambiare qualcosa (altrimenti ci saresti già, giusto?)
Come fai ad arrivare dal bisogno al risultato?
Qui ci sarebbe da parlare delle tecniche di scomposizione dell’obiettivo in passi, di misurabilità, di semplificazione, di fattibilità.
Non lo farò, parlerò invece di cosa vuol dire cambiare
Per cambiare dovrai identificare quali sono i tuoi comportamenti che di solito ti portano ad ignorare il bisogno.
Riprendiamo il nostro esempio: se il bisogno è fermarsi potresti essere una persona che si prende molti impegni: un lavoro molto impegnativo e di responsabilità, una vita associativa molto intensa, una famiglia che richiede la tua presenza in modo molto forte.
Sarà importante quindi capire come fare a fermarsi senza che questa esigenza diventi una cosa in più da fare. Come ricaverai del tempo libero nella tua vita di tutti i giorni, in modo costante almeno per un po’ di tempo? Potresti forse diradare qualche impegno? Delegare una parte del tuo lavoro? Diventare più efficiente? Rinunciare a qualcosa?
In questa fase il tuo compito è farti le domande giuste per capire qual è il cambiamento che ti aspetta.
Parti dall’obiettivo e percorri a ritroso la strada verso il bisogno.
Questa fase è la più delicata, e quella in cui ritornerai più volte a riflettere: è normale e va bene così: il cambiamento è proprio quello che ti porterà all’obiettivo, quindi questa fase è il cuore del lavoro che farai su te stessa.
Fermiamoci un secondo
A questo punto potresti dirmi: ma cosa c’entra questo con il percorso di shiatsu o counselling che sto intraprendendo? Non è forse il percorso stesso che mi dovrebbe risolvere il problema?
Sì e no: sì perché questi percorsi ti aiutano a definire, specificare, riformulare l’obiettivo e no, perché non è il percorso che ti risolve il problema, ma tu stessa tra un appuntamento e l’altro, quando metti in atto il cambiamento.
Sorry: niente soluzioni semplici qui.
Non siamo ancora arrivate alla fine, comunque, perché come in tutte le belle storie c’è il cattivo in agguato, pronto a tenderci la trappola. Indovina chi è il cattivo?
Il sabotaggio
Già, la cattiva in questo caso sei tu, che ti metti i bastoni tra le ruote.
Mettere in atto un cambiamento non è per niente facile (“se vuoi puoi” non è una frase che uscirà mai dalla mia bocca in questo contesto).
Se ci pensi, la situazione in cui sei ora non è poi così male. Fino a ora sei rimasta in vita, e già è una grande conquista, e poi ci sei abituata, non dico che ci stai comoda ma ci sai stare.
Cambiare un comportamento richiede costanza e attenzione, perché si ricade facilmente nell’abitudine comoda e può essere difficile accorgersene se non si è preparati.
Ancora qualche domanda da farti
Per questo è importante chiedersi già dall’inizio:
- come tenterò di sabotarmi?
- Quali sono i segnali che mi faranno notare che non sto andando nella direzione giusta?
Così quando capiterà li potrai riconoscere, e magari non sentirti in colpa.
Non giudicarti
È importante accorgersi di essere fuori strada tanto quanto farlo senza giudicarsi, senza colpevolizzarsi usando lo stato dell’Io Genitore Negativo (sei sempre la stessa, non ce la puoi fare, vedi? quando accadrà avrò la prova che sto fallendo) ma con uno spirito propositivo e gentile, usando lo Stato dell’Io Adulto per osservare la realtà: può accadere, menomale che mi sono attrezzata per accorgermene, ora che l’ho notato posso correggere il tiro (sì, come nella meditazione).
La nostra amica che vuole del tempo per riflettere su di sé potrebbe sabotare il suo progetto di cambiamento ad esempio accettando un incarico aggiuntivo ma molto gratificante, o iscrivendosi a un corso di oboe, o saltando le sedute di shiatsu per il troppo lavoro.
Non ci deve essere giudizio in questo: come ho scritto prima stare nell’abitudine è confortevole. Però, se sappiamo già che potrà accadere, quando succede ce ne accorgiamo e possiamo chiederci cosa vogliamo fare ora?
Ehi: ma nelle vere avventure l’eroina non è mai sola!
Gli alleati: le risorse
Cos’hai, cosa non hai, cosa potresti avere. Cosa ti serve per arrivare dove vuoi?
Sto parlando di
- risorse fisiche (tempo, soldi, mezzi),
- le tue attitudini e le tue capacità
- altre persone su cui puoi contare:
- chi ti può aiutare a tornare in carreggiata quando ti saboterai,
- chi a verificare gli obiettivi di medio termine,
- chi ti consolerà quando subirai un fallimento,
- chi ti terrà i bambini quando sarai nel pieno del lavoro,
- chi cucinerà per te se non farai in tempo,
- chi ti trascinerà a fare l’aperitivo per farti cambiare aria …
Qui ci possono essere le risorse che hai già e anche quelle che ti vuoi procurare perché la tua avventura sia un po’ più semplice: anche gli Hobbit quella volta hanno avuto il pan di via (e pure qualche altro alleato interessante…)
E adesso?
Riprendi il contratto di Holloway:
- hai definito un obiettivo chiaro che risponde a un bisogno [bisogno-problema-obiettivo],
- sai qual è la strada che devi fare per arrivarci [il cambiamento],
- conosci i pericoli del tuo viaggio [sabotaggi]
- hai degli alleati [risorse]
non ti resta che iniziare: qual è il primo passo?
Questo lavoro che hai fatto è la base da cui partire per definire un obiettivo, e quando sei qui in realtà il primo passo l’hai fatto (ma anche i primi tre, dai!).
Quella che hai in mano è una mappa, la puoi usare per arrivare a destinazione.
Decidi qual è la prossima azione che farai per attuare quel cambiamento che ti porterà a raggiungere il tuo obiettivo, e vai avanti così!
[1] Holloway, W. (1977). Transactional analysis: An integrative view. In: G. Barnes (Ed.), Transactional Analysis after Eric Berne (pp. 169–221)