Confini al lavoro: una guida per chi vuole sentirsi libera e rispettata

Nella tua testa la giornata lavorativa finisce quando chiudi il computer oppure quando concludi l’ultima attività. Come mai invece te la “porti dietro” anche dopo? Magari continui a pensare a quella mail arrivata proprio all’ultimo minuto o a quel messaggio WhatsApp che nemmeno doveva esserci, perché tu hai già fatto sapere che non usi WhatsApp per lavoro? 

Ѐ questo che accade quando un confine viene oltrepassato e noi non abbiamo ancora fatto pace con la definizione, la comunicazione e la gestione di questi eventi.

Di questo argomento ho parlato anche al FreelanceCamp Veneto nel 2025: qui puoi guardare un breve video per farti un’idea di come i confini possano farci fare… sonni tranquilli:

L’angolo della teoria – Analisi Transazionale in pillole

In questi paragrafi introdurrò concetti che derivano dall’Analisi Transazionale. È un modello psicologico che uso spesso, nei miei percorsi e qui sul blog, perché aiuta a comprendere bene come funziona la comunicazione.

Ecco alcuni spunti base per orientarti.

Il modello degli stati dell’io

Secondo l’Analisi Transazionale, dentro ognuna di noi vivono tre modalità interiori, o stati dell’Io, da cui possiamo parlare, pensare e agire:

Genitore

È la parte che contiene norme, giudizi, valori ereditati da figure significative. Può essere protettiva e premurosa, oppure rigida e critica. Quando seguiamo regole che “si fanno così” anche se non ci rappresentano più, è spesso il Genitore che guida.

Adulto (integrato)

È la parte capace di stare nel presente, raccogliere dati, valutare le opzioni, fare scelte consapevoli. Integra le informazioni ricevute dalle figure genitoriali (il Genitore) e le reazioni e le emozioni più pure che ci provengono dal nostro essere state Bambine. Quando diciamo “no” con calma e chiarezza perché abbiamo riconosciuto un nostro bisogno, stiamo parlando dall’Adulto.

Bambino

È la parte legata alle emozioni, ai bisogni profondi, ai desideri e alle paure. Può essere spontanea o adattata. Se ci sentiamo in colpa per aver detto di no o ci adattiamo “per non deludere”, è spesso il Bambino ad agire.

Conoscere questi stati non serve per giudicarsi, ma per acquisire consapevolezza: da dove sto rispondendo in questa situazione? Chi sta decidendo per me?

Il contratto

Un altro concetto prezioso è quello di contratto.

In Analisi Transazionale, il contratto è un accordo chiaro e condiviso tra due o più persone, che definisce cosa facciamo, perché lo facciamo e come lo faremo.

Mettere un confine è spesso anche fare un piccolo contratto: con l’altra persona, ma prima ancora con noi stesse.

Ogni contratto funziona meglio se è esplicito, realistico e rispettoso di chi lo stipula.

Comunicazione Adulto-Adulto

È la comunicazione in cui entrambe le persone si parlano dal proprio stato dell’Io Adulto: presenti, centrate, consapevoli dei propri bisogni e in ascolto rispettoso dell’altro.

È la comunicazione in cui possiamo dire “non mi va bene” senza alzare la voce, senza giustificarci troppo, senza sentirci piccole.
È quella in cui possiamo ascoltare un “no” senza prenderla sul personale, perché sappiamo che dire no è un diritto, non un’aggressione.

La comunicazione Adulto-Adulto è una base solida per i confini sani, perché parte da un presupposto fondamentale: abbiamo pari valore.

Ho raccontato meglio questi concetti anche in due articoli del blog:

Perché è difficile parlare di confini

Il contesto culturale in cui siamo inserite ci carica di aspettative implicite di disponibilità e attenzione al prossimo,  arrivando fino alla cura di clienti, colleghe e colleghi. In parte questo carico è più alto nelle donne, perché da sempre sono viste come coloro che si prendono cura e quindi “è chiaro” che devono essere sempre pronte a mettere in secondo piano i propri bisogni rispetto a quelli degli altri.

È importante diventare consapevoli delle pressioni della società in cui viviamo (nell’approccio dell’Analisi Transazionale si chiama Genitore Culturale) anche nel mondo del lavoro.

I confini personali non sono muri

Spesso non ce ne rendiamo conto, ma  la società (o semplicemente l’abitudine) ci mettono sotto pressione. A volte reagiamo andando in senso opposto, ribellandoci e tirando su dei muri, per proteggerci. 

È comprensibile, purtroppo però reazioni così impulsive generano altre pressioni: fanno nascere contratti con toni minacciosi, post aggressivi sui social, rabbia che invece che trasformarsi in forza diventa un altro modo per stare male.

Abbiamo la possibilità di definire i nostri confini facendone un atto di consapevolezza e rispetto reciproco, senza essere rigide o egoiste (ma conservando quella cura per noi stesse che ci fa solo bene).

Questo modo di pensare ai confini ci serve ancora di più oggi, in un mondo del lavoro che cambia velocemente e ci chiede di ridefinire continuamente il nostro spazio: i confini non sono muri, sono ponti verso le altre persone.

I confini personali sono un atto di cura

Perché parlarne proprio ora?

È sempre un buon momento per prendere consapevolezza dei propri bisogni (alla fine di questa guida anche tu converrai con me che i confini sono ciò che tutela i nostri bisogni), ma in questo momento storico lo è ancora di più.

Ora il lavoro non è più per forza rigidamente inserito in un contesto “9.00-17.00”: spesso lavoriamo (anche) da casa e ci troviamo a dover sommare il carico di lavoro al carico mentale domestico.

Per questo è sempre più importante ridefinire ciò che è “normale” nei rapporti professionali e farlo con la comprensione che stiamo anche contribuendo a creare una società più a misura di persona.

In questa guida troverai quindi esempi, strumenti pratici e spunti teorici per essere più consapevole di cosa vuol dire per te “mettere dei confini”. Capirai come farli rispettare rimanendo il più possibile a tuo agio con te stessa e le altre persone. 

Puoi leggere tutta la guida da cima a fondo, oppure andare direttamente ai punti che sono più interessanti per te e poi tornare indietro se hai bisogno di capire meglio. Alla fine troverai anche l’invito a iscriverti a un percorso gratuito per aiutarti in questo percorso di conoscenza di te e di creazione di un nuovo modo di lavorare e relazionarsi.

Mettere confini non è solo una scelta personale: è un atto che cambia i luoghi in cui lavoriamo. E se lo facciamo in tante, insieme, iniziamo a cambiare la cultura del lavoro.

Cosa sono i confini e perché servono (soprattutto) nel lavoro

Un confine in ambito lavorativo è una linea, di solito non visibile, che separa ciò che è mio da ciò che è tuo: tempo, energie, spazio, responsabilità, emozioni.

Non esiste un solo tipo di confini e sapere di cosa stiamo parlando può aiutarci a capire meglio dove e come siamo più esposte.

Ecco le principali tipologie di confini:

👤Confini fisici

Riguardano il corpo, lo spazio personale, i bisogni concreti.
Per esempio: non sentirti obbligata a partecipare a riunioni in presenza se non stai bene o non ti senti al sicuro.

❤️Confini emotivi

Proteggono le tue emozioni, i tuoi vissuti, il tuo diritto a sentire senza dover giustificare tutto.
Esempio: dire no a chi sminuisce quello che provi o ti scarica addosso il suo malessere, anche se è una collega.

💭Confini mentali

Riguardano pensieri, valori, opinioni.
Esempio: puoi rispettare il punto di vista di chi lavora con te senza doverlo per forza condividere.

🤝Confini relazionali

Definiscono il tipo di rapporto che vuoi avere con una persona (anche al lavoro), il livello di confidenza, il linguaggio accettabile.
Esempio: puoi essere gentile senza dover essere “amica” o sempre disponibile a chiacchierare.

💼Confini professionali

Riguardano tempi, ruoli, mansioni, modalità di comunicazione e reperibilità.
Esempio: puoi stabilire quando finisce la tua giornata lavorativa, e in che modo vuoi essere contattata (es. non su WhatsApp, se lo hai scelto).

💡 In sintesi

Questa distinzione ti aiuta a capire meglio dove ti senti più vulnerabile o in difficoltà: nominare ciò che accade è il primo passo per poterne avere cura.

I confini lavorativi

Tenere presenti quali sono i nostri confini e saperli comunicare con assertività (o più semplicemente con lo Stato dell’Io Adulto integrato, come si dice in Analisi Transazionale) ci fa lavorare con efficacia, presenza e rispetto, prima di tutto verso di noi, ma anche verso le altre persone.

I confini migliorano la qualità delle relazioni, ci fanno sentire più serene e più sicure e questo si riflette anche nella nostra produttività. Per non parlare della nostra salute mentale. Senti come respiri già meglio pensando a una relazione chiara e ben definita in ambito lavorativo?

Ad esempio:

Esempio pratico sullo spazio personale:

Se ho bisogno che il mio spazio personale resti separato da quello lavorativo, posso comunicare chiaramente che dopo le 18.00 e nei festivi non risponderò a nessun messaggio. Così se un cliente mi scrive di domenica mattina, io non mi sento in dovere di rispondere: lui lo sa, perché gliel’ho detto. E quindi non provo neanche risentimento. Semplicemente risponderò il giorno dopo.

Esempio pratico sulla comunicazione:

Se invece la comunicazione è ambigua, se faccio eccezioni non motivate o se do per scontato un confine senza mai averlo detto chiaramente, il risultato può essere stress (“E ora che succede se non rispondo?”) o risentimento (“Ma come si permette di scrivermi a quest’ora?”)

Quindi non ci possono essere eccezioni? Devo educare le persone con cui lavoro come i gatti, con cui se sbaglio una volta sono dannata per l’eternità? No, ovviamente no.

La flessibilità dei confini: quando scegliere di fare un’eccezione

Qui stiamo parlando non di quando gli altri oltrepassano i nostri confini, ma di quando siamo noi a farlo.

Non possiamo in nessun modo intervenire in quello che fanno gli altri (se non tutelarci avvisandoli di quali sono i nostri confini, come dicevo sopra). Quello che possiamo fare è scegliere come reagire quando ciò avviene.

Ti faccio qualche esempio:

Se ho un buon rapporto con un cliente e mi scrive qualcosa di relativamente urgente, posso “fare un favore” (posso decidere di rispondere per fargli sapere che ho ricevuto il messaggio oppure di prendermi carico della questione).
Se mi paga di più e se io decido che il mio tempo libero in quel momento può essere sacrificato per il denaro che lo compensa.
Se semplicemente mi va di farlo, sapendo che in qualsiasi momento posso revocare quel “privilegio” assegnato.

L’importante, in ogni situazione in cui io decido di oltrepassare i miei confini, è che mi senta bene nel farlo, non obbligata o arrabbiata.

Questa è la differenza tra confine e rigidità: un confine è saldo ma flessibile, non una prigione.

Segnali di confini deboli o assenti

A volte accorgersi che i nostri confini sono troppo labili (o del tutto inesistenti) non è immediato. Ma il corpo, le emozioni e i pensieri spesso parlano per noi.

Ecco alcuni segnali frequenti che possono aiutarti a capire che forse è il momento di fermarti e osservare:

Ti senti spesso esausta o svuotata, soprattutto dopo una giornata di lavoro o dopo certe conversazioni.
Ti capita di dire sì quando vorresti dire no, magari per paura di essere giudicata, rifiutata o considerata poco professionale.
Ti arrabbi o irriti facilmente, anche per cose piccole: può essere un segnale che qualcuno ha varcato un tuo confine, magari mai chiarito.
Provi risentimento verso clienti o colleghe, anche se razionalmente pensi “Non hanno fatto nulla di male”.
Ti senti invisibile o data per scontata, come se il tuo tempo, il tuo spazio o le tue esigenze non contassero.
Ti è difficile dire cosa vuoi, cosa ti va o non ti va e finisci per seguire il flusso degli altri.
Hai paura di “deludere”, anche quando stai solo rispettando un tuo bisogno.

💡 In sintesi

Questi segnali non sono “difetti” o cose da correggere in fretta. Sono campanelli di allarme utili, che indicano il bisogno di prenderti cura di te attraverso confini più chiari e rispettosi.

Strategie pratiche per definire e mantenere confini efficaci

Non basta sapere che abbiamo bisogno di confini: serve anche capire come renderli vivi, visibili, rispettati. Ecco alcune strategie per farlo, senza perdere autenticità o qualità nella relazione.

Parti da te: identifica i tuoi limiti e bisogni

Spesso ci accorgiamo di un confine solo quando è stato superato. Ma possiamo allenarci a riconoscerlo prima, ascoltando segnali interni come stanchezza, frustrazione o fastidio.

Prova a fare caso a situazioni in cui ti sei sentita bene o in cui qualcosa ti ha infastidita. Chiediti: quale bisogno era rispettato? Quale no?

Usa la comunicazione assertiva per esprimere i tuoi confini

Essere assertiva non vuol dire essere rigida o inflessibile. Significa dire la verità su di te con rispetto, anche quando non è comodo. In Analisi transazionale diremmo: usa il tuo Stato dell’Io Adulto integrato.

Alcuni esempi di frasi che provengono dallo Stato dell’Io Adulto:

  • “Mi fa piacere aiutarti, ma oggi non riesco.”
  • “Per me è importante avere un preavviso prima delle chiamate.”
  • “Non sono disponibile a lavorare nel weekend.”

Assertività è chiarezza senza aggressività. È darsi valore senza svalutare l’altra persona.

Sii coerente: un confine va anche mantenuto

Un confine detto una volta e poi ignorato perde forza. Un confine rispettato da te per prima crea autorevolezza. Essere coerente non significa essere inflessibile, ma dare continuità ai tuoi bisogni nel tempo.

Se dici che non rispondi ai messaggi dopo le 19.00, ma poi lo fai ogni volta, quel confine non reggerà. Puoi fare eccezioni, ma devono essere esplicite e motivate.

Allenati con piccoli passi quotidiani

Non servono gesti eclatanti per affermare un confine. Anzi, spesso iniziare da cose semplici è il modo più efficace per costruire fiducia in te stessa.

Inizia dalle piccole cose: un bel respiro, una riflessione interna per ascoltare come ti senti e poi un “Non posso ora” detto con consapevolezza e centratura.

Come comunicare un confine con calma e chiarezza

Comunicare un confine è un atto di cura, lo abbiamo dall’inizio. Non ha bisogno di scuse né di giustificazioni infinite. Solo di ascolto interno, parole semplici e tono fermo.

Ecco alcuni suggerimenti per farlo:

chiarisci a te stessa il motivo del tuo confine;
parla in prima persona, senza accuse;
scegli un momento adatto: per essere a tuo agio e per non far sentire a disagio l’altra persona;
se serve, ripeti il tuo confine con calma;
accetta che non tutte le persone reagiranno come vorresti.

Esempi:

  • “Mi accorgo che ricevere messaggi vocali lunghi mi crea fatica. Preferisco testi brevi o email.”
  • “So che sei abituata a risposte rapide, ma ho bisogno di tempi più distesi, così riesco a risponderti meglio.”

Comunicare un confine non rompe la relazione, la chiarisce. E quando è fatto con calma e rispetto, la rafforza.

Un aiuto in più, il corso gratuito: “Confini che ti somigliano”

Se senti che su questi temi vuoi fare ancora un passo avanti, in modo concreto e guidato, ho creato un corso gratuito via mail per aiutarti a definire e comunicare confini che ti somigliano.

È uno strumento a cui tengo molto e che metto a disposizione di chi, come te, desidera allenarsi nella vita vera, partendo da sé.

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Le sfide nella gestione dei confini

Le reazioni degli altri: cosa aspettarsi e come gestirle

Quando iniziamo a definire confini più chiari, spesso cambiamo le regole implicite di una relazione, anche senza volerlo. Questo può generare sorpresa, disagio o resistenza in chi ci sta vicino, soprattutto se era abituato a un accesso illimitato al nostro tempo, alla nostra disponibilità, alla nostra attenzione.

Queste reazioni sono normali: il cambiamento è sempre difficile per noi esseri umani, per questo è importante restare presenti, anche quando l’altra persona mostra fatica, insoddisfazione o frustrazione. Non serve giustificarsi né ritirarsi: serve restare in contatto, con fermezza e rispetto.

In termini di Analisi Transazionale, possiamo leggere questi momenti come passaggi da scambi relazionali tra Stati dell’Io Genitore e Bambino ad altri più Adulti e consapevoli. Uscire da giochi psicologici o automatismi di ruolo può attivare la parte più vulnerabile delle persone intorno a noi, e anche la nostra. Proprio per questo è così importante attivare l’Adulto: per comunicare il confine senza squalificare l’altro né noi.

Comunicare un confine non è un ultimatum: è un’informazione chiara, coerente e possibilmente gentile. Una riformulazione (“In questo momento non riesco a…”), un ascolto autentico (“Capisco che per te non sia semplice”), una coerenza ripetuta nel tempo possono fare la differenza. Anche chi oggi fatica ad accettarlo, domani potrebbe apprezzarne il senso.

E quando la reazione dell’altra persona diventa ostile o manipolatoria, è importante distinguere tra chi esprime un disagio legittimo e chi, invece, non sta rispettando la nostra posizione. Non tutto ciò che è spiacevole è sbagliato, ma non tutto ciò che è “normale” per l’altro è accettabile per noi.

Mantenere i confini in ambienti lavorativi complessi

Ci sono contesti in cui il margine di manovra è davvero ridotto: leadership rigide, comunicazioni passivo-aggressive, ritmi che non lasciano respiro. In situazioni così, partire da ciò che possiamo controllare diventa essenziale. Può essere la gestione del nostro tempo, il modo in cui rispondiamo o anche solo il prenderci una pausa prima di farlo. Piccoli gesti che, se ripetuti, diventano confini interni capaci di sostenerci nei momenti più faticosi.

Essere coerenti, anche quando è difficile, è ancora una forma di cura. Una volta individuato un nostro bisogno e trovato il coraggio di esprimerlo, proviamo a restare fedeli a quella direzione, sempre con i nostri modi, senza bisogno di forzature.

E se ci sembra troppo, possiamo cercare un’alleanza: una collega che condivide la nostra prospettiva, che fa richieste simili alle nostre o semplicemente una persona di fiducia con cui confrontarci. A volte basta sapere di non essere sole per fare un passo avanti con un po’ più di forza.

L’autocura e il supporto professionale

Sempre, ma soprattutto quando si lavora in ambienti complessi, prendersi cura di sé non è un lusso, né un premio da meritarsi dopo aver fatto tutto il resto. Una base solida da cui possiamo partire per costruire relazioni sane, confini efficaci, una presenza più consapevole.

Riconoscere i segnali di logoramento emotivo o mentale: quella stanchezza che non passa, l’irritazione costante, il sentirsi sempre in allerta, è un primo passo per dirsi con onestà: “Qui c’è qualcosa da guardare”.

In questi momenti può fare la differenza avere uno spazio dedicato: un percorso con una counselor, una terapeuta, una mentor. Un luogo in cui rileggere le esperienze, rafforzarsi, dare un nome ai propri bisogni e fare scelte più in sintonia con sé.

E poi ci sono anche i piccoli gesti quotidiani che ci rimettono al centro: tenere un diario che ci aiuta a vedere meglio come stiamo, una camminata che ci aiuta a respirare, il contatto con chi ci nutre. In ottica di Analisi Transazionale si chiamano “Carezze”: segni di riconoscimento, scambi che ci fanno sentire viste, accolte, riconosciute. Sono pratiche che non risolvono tutto, ma ci ricordano che siamo vive e che contiamo.

“Confini che ti somigliano”: il corso gratuito via email

Se desideri riflettere sui tuoi confini con calma, a piccoli passi, ho creato un corso gratuito via email: si chiama Confini che ti somigliano e dura 5 giorni.

È pensato per chi lavora in relazione con le persone – clienti, colleghi, équipe – e sente il bisogno di proteggere le proprie energie, dire qualche no in più (o meglio) e farsi ascoltare senza sentirsi in colpa.

Ogni giorno riceverai un’email con una riflessione, una domanda guida e un esercizio pratico. Il percorso si conclude con un workbook scaricabile, che potrai usare anche in seguito per fare il punto.

È gratuito e disponibile per tutte le iscritte alla newsletter.

Iscriversi è semplicissimo: compila il modulo che trovi in fondo alla pagina, conferma la tua iscrizione e riceverai subito la prima email.

Prendersi sul serio, con dolcezza

Abbiamo visto che comunicare i propri confini non è quindi solo questione di fermezza: è un atto di rispetto verso sé stesse e un modo per coltivare relazioni più sane e più libere.

Che tu stia muovendo i primi passi o abbia già fatto molta strada, saper riconoscere cosa è “troppo” per te, e dirtelo con chiarezza, è un’abilità che si può allenare. Una competenza preziosa per chi lavora con le persone, e una forma concreta di cura.

Vuoi cominciare col corso gratuito?

Se vuoi cominciare, il corso gratuito Confini che ti somigliano è un buon punto di partenza. Ti aspetto lì, perché il modo in cui ci trattiamo nel lavoro parla anche di chi vogliamo essere nel mondo. E possiamo scegliere di cominciare da qui.

Monja Da Riva - Counselor analitico transazionale, formatrice e speaker