Ho conosciuto lo shiatsu nel 2001, poco dopo essermi laureata in informatica, in un momento in cui lo stress mi aveva regalato un attacco di lombosciatalgia così forte da impedirmi di camminare per una settimana.
Prima ho messo i cerotti di antidolorifico e antinfiammatorio per farmi passare l’infiammazione e poi, quando stavo meglio, ho fatto un ciclo di trattamenti shiatsu che mi hanno aiutata a rilassarmi e a capire che lo stress ha grandi poteri anche sul mio corpo.
Qualche anno dopo ho iniziato la scuola di shiatsu¹, e dal 2009 lo shiatsu è diventato parte della mia vita professionale. L’avvicinamento al counselling è arrivato dopo, nel 2014, perché sentivo l’esigenza di dotarmi di strumenti che sfruttassero al meglio i benefici generati dallo shiatsu nella persona che lo riceve, portandoli anche su un piano più razionale.
Lo shiatsu funziona
La prova che lo shiatsu funziona ce l’ho sotto gli occhi e le mani tutti i giorni, quando osservo il viso dei miei clienti prima e dopo il trattamento, il loro rilassamento e i cambiamenti positivi che mi raccontano.
Fare la shiatsuka è per me uno dei più bei mestieri, ma lo shiatsu si basa sulle intuizioni di una medicina antica, fondata su superstizioni, osservazioni e teorie mai confermate da studi scientifici accreditati e conclusivi e tutto questo si è sempre scontrato con la mia mentalità scientifica.
Ma quindi gli effetti dello shiatsu sono riconducibili esclusivamente a un effetto placebo?
Secondo la mia esperienza no, l’intermediazione corporea è il cuore del lavoro dello shiatsu: le pressioni costanti e mantenute nel tempo, gli stiramenti lenti, leggeri e rispettosi dell’elasticità del corpo, la continua attenzione alle risposte — anche quelle appena percettibili — agiscono sulle tensioni e permettono un rilassamento profondo che attraversa contemporaneamente corpo e mente[1].
E con lo stato di rilassamento e serenità che si raggiunge dopo un trattamento, arrivano anche intuizioni, sensazioni, possibili risposte a questioni aperte, personali o lavorative.
A questo punto, mi sono detta, perché non sfruttare questo stato di apertura e lucidità, per affrontarle?
Dallo shiatsu al counselling
Nel 2014 ho quindi deciso di frequentare un master in counselling ad indirizzo analitico transazionale² per dare un supporto competente a chi lavora con me, anche dal punto di vista emotivo, lavorativo o personale.
Non che prima del master non parlassi coi miei clienti, ma c’è una grande differenza tra la chiacchiera, il confronto, il consiglio di buon senso e un colloquio di counselling.
Attraverso il counselling si ascolta per aiutare l’altro a capire meglio se stesso, non per dare delle risposte, e tutto ciò che riguarda l’ascolto mi piace e mi interessa.
Uno dei principi del counselling con indirizzo analitico transazionale, con il quale ho trovato grande sintonia da subito, è:
Io sono OK, tu sei Ok [2]
questa frase vuol dire che per il counsellor in ogni momento il cliente è competente per quanto riguarda la propria vita.
Il counsellor non si considera un essere dotato di una consapevolezza superiore e in grado di guarire il cliente, ma piuttosto una persona che si pone al suo stesso livello, che però, attraverso lo studio, ha sviluppato le capacità che servono ad affiancarlo e aiutarlo nello scovare alcuni strumenti che può utilizzare per migliorare la sua vita.
Nel counselling analitico transazionale si usa il concetto di physis[3]: una forza già presente nell’individuo che, opportunamente stimolata, gli permette di attivare le proprie risorse per risolvere una situazione.
In altre parole: c’è già tutto, bisogna solo trovarlo.
Il counselling è una caccia al tesoro[4] che il counsellor fa insieme al proprio cliente, entrambi curiosi di scoprire nuove modalità di comunicazione, esplorare possibili soluzioni e osservare gli schemi che si ripetono nella vita. Il counsellor fa le domande giuste, quelle che permettono di considerare quali alternative sono praticabili, e stimola il cliente a (ri)conoscere e utilizzare le proprie risorse.
L’integrazione di queste due discipline rappresenta il modo per me più completo per aiutare i clienti: lo shiatsu crea uno stato di centratura e rilassamento che permette agli interventi di counselling di far emergere la physis e quindi alla persona di attivarsi per risolvere il problema.
Lavorare in un’unica seduta su corpo e mente mette in evidenza l’importanza del legame tra l’uno e l’altro: questo legame va rispettato e trattato con competenze in entrambe le discipline[5].

La tecnica che ho messo a punto e la seduta tipo
La mia seduta tipo dura circa un’ora e mezza, e il tempo viene distribuito più o meno a metà tra shiatsu e counselling, iniziando con lo shiatsu. In questi anni ho sperimentato diverse modalità e questa si è dimostrata la più efficace.
Con lo shiatsu, infatti:
- si prende contatto con il proprio corpo, rilassandolo e lasciando andare le tensioni. È proprio questo tipo di massaggio, fatto di pressioni, profonde ma non dolorose e mantenute nel tempo, che permette di ascoltare a fondo le sensazioni del corpo
- si impara a osservare i propri pensieri invece che farsi trascinare nel vortice del loro flusso, come in una meditazione.
A questo punto, con il corpo più rilassato e la mente più libera, ho osservato che gli interventi di counselling sono ancora più efficaci:
- è più semplice riconoscere le proprie risorse e capire come metterle a frutto
- si arriva alle soluzioni migliori in meno tempo e con più lucidità
- sono più chiare le opportunità e le criticità delle scelte che si devono fare,
- è più facile trovare le strategie per essere, per esempio, più produttivi al lavoro e più rilassati nel tempo libero.
Il cliente si sente più forte e sostenuto, i risultati arrivano più velocemente e sono accompagnati da uno stato di benessere fisico che aumenta anche la soddisfazione di averli raggiunti.
Fare counselling shiatsu è anche un modo molto pratico per chi ha poco tempo ma sente il bisogno di prendersi cura di sé sia dal punto di vista fisico che mentale.
Note
- presso la Scuola Internazionale Shiatsu a Padova
- presso Performat S.r.l. a Cascina (PI)
Bibliografia
[1] Löken, Line S, et al. “Coding of Pleasant Touch by Unmyelinated Afferents in Humans.” Nature Neuroscience, vol. 12, no. 5, 2009, pp. 547–548., doi:10.1038/nn.2312.
[2] Berne, Eric, et al. Ciao! …e Poi?: La Psicologia Del Destino Umano. Bompiani, 2017
[3] Clarkson, Petrūska. “Physis in Transactional Analysis.” Transactional Analysis Journal, vol. 22, no. 4, 1992, pp. 202–209., doi:10.1177/036215379202200402,
Cornell, William F. “Aspiration or Adaptation?: An Unresolved Tension in Eric Berne’s Basic Beliefs.” Transactional Analysis Journal, vol. 40, no. 3–4, 2010, pp. 243–253., doi:10.1177/036215371004000309
[4] Fassbind-Kech, Liselotte. “Counseling as a Treasure Hunt.” Transactional Analysis Journal, vol. 43, no. 1, 2013, pp. 24–37., doi:10.1177/0362153713486101.
[5] Cornell, William F. “Touch and Boundaries in Transactional Analysis: Ethical and Transferential Considerations.” Transactional Analysis Journal, vol. 27, no. 1, 1997, pp. 30–37., doi:10.1177/036215379702700108